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al testo di Luciano Lodoli
Risveglio e passeggiata di Ernesto Enim
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Sveglio presto al mattino Ernesto Enim guarda per un poco la luce tenue filtrata dalla persiana. Chiama un nome consueto, non più familiare: non ha risposta. Sente tuttavia di essere in grado di alzarsi da solo e trova con sua sorpresa le sue intenzioni e i suoi gesti congrui e adeguati a portare a buon fine cura e pulizia personale e a completare la difficile procedura di una vestizione. Ha qualche più seria difficoltà nel calzare un paio di scarpe ma anche questa operazione va a buon fine. Dubita che gli indumenti che indossa siano adeguati alla stagione, che ignora, né sa se l'aspetto che gli danno sia tale da non destare curiosità o meraviglia tra i passanti. Non desidera essere notato o riconosciuto, soprattutto essere riconosciuto recentemente lo turba, ormai che poco conosce di se stesso.
Esce, sono le 11 e 30, sa che con la sua attuale affannosa lentezza nel deambulare impiegherà molto tempo per raggiungere la sua meta… La sua meta…
Cammina con difficoltà, ma sorprendentemente meglio di quanto abbia mai fatto di recente (oppure da molto tempo: non saprebbe dire). Attraversa Piazza del Popolo, percorre via del Corso, ma non se ne accorge, poi Largo Chigi, il Panteon, Piazza Navona… Ora è avanti a S. Maria dell’Anima.
Soltanto ora… Soltanto ora ha una certezza: non ha più il tempo, né la consapevolezza di sé, bastanti a un qualsiasi ritorno. Una incongrua (o forse non tanto incongrua) serenità lo pervade.
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